DNA, LEPTINA ED OBESITA’: ECCO COME L’ORMONE DELL’APPETITO INFLUENZA IL NOSTRO METABOLISMO

DNA, LEPTINA ED OBESITA’: ECCO COME L’ORMONE DELL’APPETITO INFLUENZA IL NOSTRO METABOLISMO

L’obesità è uno dei principali problemi di salute emergenti nella società del benessere, particolarmente rilevante per la sua correlazione con un maggiore rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2, malattie cardiocircolatorie o altre patologie correlate al sovrappeso.

Nelle ultime decadi c’è stato un notevole aumento degli studi che hanno analizzato l’eziologia dell’obesità con una particolare attenzione ai pathways del metabolismo energetico e della regolazione dell’appetito, e nello specifico sul ruolo della leptina.

La leptina, dal greco leptos “sottile”, è un ormone prodotto dal gene omonimo, il quale è localizzato sul cromosoma 7 e costituito da 167 amminoacidi.

La leptina è prodotta principalmente dal tessuto adiposo ed è per questo che i livelli di leptina in circolo riflettono la quantità di grasso corporeo e comunicano lo stato di immagazzinamento energetico al cervello. L’espressione della leptina ed i suoi livelli in circolo mostrano fluttuazioni circadiane che mutano con lo stato nutrizionale. Il digiuno diminuisce i livelli di leptina in circolo inducendo il desiderio di mangiare, mentre dopo il pasto i livelli di leptina aumentano significativamente comunicando al cervello che il corpo ha una riserva energetica sufficiente e non è più necessario assumere altro cibo.

La produzione di leptina è in grado di favorire il mantenimento del peso tramite due meccanismi distinti: riduce il senso di fame dopo l’assunzione di cibo ed aumenta il dispendio energetico; al contrario durante il digiuno incrementa la fame e riduce il dispendio energetico.

L’espressione e la secrezione della leptina sono regolati da numerosi fattori, come la quantità di tessuto adiposo, la presenza di citochine infiammatorie, di glucocorticoidi e di insulina. Inoltre il rilascio di noradrenalina e l’attivazione dei recettori β-adrenergici nel tessuto adiposo sono fondamentali per ridurre l’espressione del gene leptina e sono necessari per la riduzione dei livelli di leptina in circolo durante il digiuno.

Essendo la quantità di leptina presente in circolo proporzionale alla quantità di tessuto adiposo, il meccanismo fisiologico di quest’ormone dovrebbe impedire che il soggetto aumenti troppo di peso. Eppure è stato osservato che in soggetti obesi l’iperleptinemia, ovvero la presenza di un eccessivo quantitativo di leptina, porta ad una leptino-resistenza.

La “leptino-resistenza” o la “bassa sensività” è stata riscontrata studiando la proporzione fra la leptina circolante nel plasma e l’alimentazione. Al momento non esiste una definizione standard di resistenza alla leptina, ma viene comunemente descritta come un’alta concentrazione di leptina nell’organismo a cui non corrisponde una corretta risposta fisiologica di riduzione dell’appetito ed aumento del dispendio energetico.
È piuttosto difficile determinare lo stato di bassa sensività alla leptina, perché la concentrazione di leptina aumenta con l’aumento del tessuto adiposo. Per questo motivo la definizione di resistenza alla leptina non può basarsi su una misurazione precisa della quantità di leptina in circolo, ma deve essere definita dall’interazione fra la concentrazione di leptina in circolo e la risposta del corpo a questo ormone (per esempio nell’appetito, nell’alimentazione o nel metabolismo energetico basale). Il presente grafico mostra come la risposta alla leptina di un soggetto obeso sia notevolmente ridotta rispetto a quella di un soggetto normopeso.

Altro motivo per cui non è possibile una misurazione precisa è che l’alimentazione è influenzata non solo dall’appetito, ma anche da fattori socio-economici, dalla disponibilità di cibo ed alti fattori emotivi, fisiologici e sociali. Inoltre la produzione di leptina dipende da numerosi fattori fra cui il genere, l’età, l’esercizio fisico, l’alimentazione e la restrizione calorica.

È quindi estremamente complesso quantificare la leptina e l’appetito per poter definire in modo preciso dove si instaura la leptino-resistenza, ma il fenomeno è ormai riconosciuto e frequentemente studiato per comprendere meglio il fenomeno dell’obesità e scoprire nuovi metodi per contrastarla.

La leptino-resistenza potrebbe essere legata a fattori genetici. Lo scopo di numerosi studi è stato capire se c’è una correlazione DNA-stile di vita analizzando possibili interazione fra alcune mutazione della sequenza del DNA, l’alimentazione e la leptina.

Finora non è chiaro quali fattori siano responsabili della leptino-resistenza negli umani, ma esistono diversi studi che hanno cercato di valutare quali siano i geni responsabili. Fra i candidati ci sono la variabilità genetica di LEP (leptina) e LEPR (recettori della leptina), e la variazione genetica −866G/A nel gene UCP2 che influisce sulla risposta individuale alla leptina.

Ad esempio nella variante −866G/A di UCP2, il genotipo AA + GA sembrerebbe avere una maggiore sensibilità alla leptina, come dimostrato dalla sua risposta nella dieta e nella BMI.

Un altro gene coinvolto con il meccanismo della leptina è il MMP-2 il quale produce un enzima chiamato metalloproteinasi che scinde il recettore della leptina nell’ipotalamo compromettendone il funzionamento. Silenziando questo gene sarebbe possibile infatti restituire alla leptina il suo ruolo originario ed evitare la leptino-resistenza. Secondo questo studio la causa dell’obesità e della conseguente leptino-resistenza sarebbe uno stato di leggera infiammazione cronica dell’ipotalamo causato da diete ad alto contenuto di grassi ed elevato contenuto calorico. Ma tale affermazione resta ancora solo un’ipotesi, serviranno altri studi per confermarne la validità.

Inoltre alcuni studi hanno rilevato che la somministrazione di leptina in soggetti normopeso ha un effetto minimo, se non nullo, sul peso corporeo, durante una dieta finalizzata al mantenimento del peso. Mentre la sua somministrazione durante la perdita di peso in soggetti obesi attenua maggiormente la fame, specialmente durante una ingente restrizione calorica, se somministrata in dosi superiori a quelle naturalmente prodotte dall’organismo.

La leptina e le terapie farmacologiche che influenzano le vie di segnalazione della leptina sono quindi probabilmente più utili nel sostenere la perdita di peso piuttosto che il suo mantenimento.

Lo stesso non si può dire della sua produzione endogena, che sembra ridursi notevolmente durante un regime di restrizione calorica con conseguente perdita di peso, al termine del quale parrebbe non riuscire facilmente a tornare a livelli utili per evitare il recupero del peso perso.

Il meccanismo della leptina risulta quindi centrale nella regolazione del peso corporeo e nello sviluppo dell’obesità e dei disturbi alimentari.

Esistono già numerosi studi atti a strutturare trattamenti farmacologici che sfruttino la leptina non solo per contrastare il sovrappeso e l’obesità, ma anche per normalizzare il comportamento alimentare in genere. Ma è fondamentale comprendere a fondo le cause genetiche ed ambientali della variabilità nella risposta al trattamento ed i meccanismi fisiologici che regolano la secrezione e l’efficacia di questo ormone.



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