INTOLLERANZA AL LATTOSIO: PERCHE’ ALCUNI NON RIESCONO A DIGERIRLO?

INTOLLERANZA AL LATTOSIO: PERCHE’ ALCUNI NON RIESCONO A DIGERIRLO?

Il latte vaccino costituisce circa l’80% del latte prodotto a livello mondiale.  Anche altre specie tra i mammiferi producono latte, tra cui l’asino, la capra, il cammello, la renna, l’alce, il lama ed altri, ma difficilmente al supermercato troveremo il latte di alpaca o di bue muschiato perché sono per lo più destinati alla piccola produzione in zone geografiche ridotte.

Le proprietà nutritive del latte variano a seconda della specie animale che lo produce e del trattamento a cui è sottoposto. Il latte di pecora ad esempio è particolarmente ricco di proteine (fino a 6%), a differenza di quello umano (circa 1%) o vaccino (circa3%). Il latte vaccino pastorizzato e parzialmente scremato contengono proteine per il 30%, lipidi per il 29% e carboidrati per il 41%mentre il latte vaccino pastorizzato intero contiene meno proteine e carboidrati ma più lipidi (fino ad oltre il 50%). Ma al di là delle differenze individuali condividono tutti una caratteristica che li definisce: contengono lattosio, uno zucchero che non tutti in età adulta riescono a digerire .

L’intolleranza al latte è relativamente frequente in Europa con un tasso di diffusione che diminuisce da nord a sud (dal 2% in Svezia al 70% in Italia e in Turchia) ma è ancora più diffusa in Cina e Sud Africa. L’intolleranza dipende dal fatto che il lattosio, il principale zucchero disaccaride contenuto nel latte, non viene digerito correttamente a livello intestinale in età adulta. Problemi digestivi causano spesso diarrea, flatulenza, gonfiore o dolori addominali di varia entità. Per quanto i sintomi presentino moltissime differenze da individuo a individuo, tra gli intolleranti al latte solo una persona su tre non avverte nessun sintomo inseguito a consumo di latte o derivati.

L’uomo, come la maggior parte dei mammiferi, perde la capacità di digerire il latte con lo svezzamento come conseguenza di una progressiva riduzione nell’espressione dell’enzima lattasi. Quest’enzima permette l’idrolisi del lattosio e la sua scissione in due zuccheri semplici monosaccaridi più facilmente digeribili: glucosio e galattosio.

La capacità che alcuni hanno di digerire il lattosio per tutto l’arco della vita dipende da una vantaggiosa e dominante mutazione genetica che risale a tempi relativamente recenti (circa dieci mila anni fa) la quale permette all’organismo di continuare a produrre l’enzima lattasi anche in età adulta, ma solo quando il soggetto continua ad assumere periodicamente latticini. Infatti meno latte e derivati si assumono, minore è la produzione di questo enzima e di conseguenza più gravi sono i sintomi dell’intolleranza.

Negli individui che tollerano bene il latte si parla quindi di persistenza della lattasi. I suoi vantaggi evolutivi ne hanno favorito la diffusione e sono legati all’importante apporto energetico e nutrizionale del latte: il lattosio ha funzione energetica ma è anche un’ottima fonte di calcio, proteine, galattosio e zucchero. Riguardo all’origine della mutazione, varie ipotesi sono ancora in discussione: la mutazione potrebbe essere una conseguenza dell’avvento dell’allevamento e del consumo di latte o l’allevamento potrebbe essersi diffuso come vantaggioso adattamento in risposta alla mutazione.

L’enzima lattasi (il cui nome esteso è lattasi-florizina idrolasi o LPH) risulta quindi indispensabile perché si abbia una corretta digestione e assimilazione del lattosio da parte dell’organismo. 

Si parla di intolleranza in adulti quando l’enzima lattasi è assente: in questi soggetti il latte viene in genere escluso dalla dieta e l’apporto di calcio deve essere compensato adeguatamente con altri alimenti (come salvia, rosmarino, rucola) preferibilmente ricorrendo alla consulenza di un nutrizionista.

Sembra che ci siano diversi polimorfismi alla base della persistenza della lattasi, più o meno diffusi in varie popolazioni a seconda dell’area geografica. In Europa, individui adulti che tollerano bene il latte in genere portano un polimorfismo (detto LCT-13910C>T o rs4988235) che si trova a valle del gene LCT. Sembra che questa variante del gene aumenti la produzione di lattasi a livello della mucosa intestinale dando persistenza della lattasi e consentendo quindi la digestione del lattosio.

Nel caso di individui intolleranti, il lattosio, dato che non è digeribile, si accumula a livello intestinale dove la flora batterica attiva processi di fermentazione producendo vari prodotti di scarto come anidride carbonica, idrogeno e metano. Questi gas non possono essere riassorbiti dall’intestino e vengono eliminati anche attraverso il respiro e sono spesso responsabili di sintomi come i dolori addominali. 

Per questo motivo esistono dei test del respiro per individuare una possibile intolleranza al lattosio. Alcuni studi affermano però che spesso i risultati del test del respiro non sono completamente affidabili, poiché esistono soggetti intolleranti al lattosio che non ne accusano i sintomi (asintomatici) ed altri che pur non producendo l’enzima lattasi ed avendo tutti i sintomi, non producono i gas caratteristici che vengono rilevati tramite l’esame del respiro. Un altro metodo per rilevare l’intolleranza al lattosio è il test del DNA che riesce ad individuare le varianti genetiche che permettono la persistenza della lattasi.


Nel caso del lattosio, questo polimorfismo è una mutazione genetica utile ed auspicabile, in quanto comporta la possibilità di digerire il lattosio.

Ma è importante sottolineare che l’intolleranza al lattosio è molto differente dall’allergia al latte. Quest’ultima infatti non è correlata all’assunzione di lattosio, ma alle proteine contenute nel latte. I sintomi sono differenti, infatti chi presenta questa allergia può presentare orticaria, difficoltà di respirazione, vomito, ed anche i tempi della loro insorgenza sono molto più ridotti rispetto ad un soggetto intollerante. Inoltre se il livello di lattosio contenuto in alcuni latticini come i formaggi stagionati ed a pasta dura è estremamente basso e quindi anche soggetti intolleranti includere questo tipo di alimenti dalla loro dieta, i soggetti allergici risentono anche dell’ingestione di questi cibi.



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