CALCIO, GENETICA ED OBESITA’: COME I PRODOTTI CASEARI POSSONO AIUTARE A COMBATTERE IL SOVRAPPESO

CALCIO, GENETICA ED OBESITA’: COME I PRODOTTI CASEARI POSSONO AIUTARE A COMBATTERE IL SOVRAPPESO

L’obiettivo di una dieta ipocalorica è quello di ridurre l’apporto calorico ma mantenere ai livelli raccomandati l’apporto dei nutrienti. Latte e yogurt a ridotto contenuto di grassi, ma in generale tutti i prodotti lattiero caseari potrebbero rappresentare alimenti chiave per elaborare un regime alimentare ipocalorico rispondendo al fabbisogno di micronutrienti. Basti pensare al loro modesto contributo calorico e all’elevato apporto di calcio, proteine, zinco, potassio e vitamine del gruppo B

Alcuni studi condotti sia sugli animali che sugli esseri umani suggeriscono che il calcio ed i prodotti lattiero caseari potrebbero avere un ruolo antiobesità. Uno studio interessante è stato condotto su 38 individui obesi, sottoposti a dieta ipocalorica (deficit energetico di 500 kcal al giorno). I partecipanti allo studio sono stati divisi in due gruppi: nel primo, la dieta prevedeva la presenza di 0-1 porzioni di prodotti lattiero caseari/die e apportava 400-500 mg di calcio; nel secondo, invece, la dieta prevedeva 3 porzioni di yogurt scremato al giorno e apportava 1100 mg di calcio.

Dopo 12 settimane, nel secondo gruppo, quello che aveva consumato 3 porzioni di yogurt scremato al dì, la perdita di grasso è risultata significativamente maggiore rispetto al primo gruppo (4.43 kg contro 2.75 kg) e, cosa ancora più interessante, si è osservata, sempre nel secondo gruppo, una maggiore perdita di grasso a livello del tronco, con conseguente maggiore riduzione della circonferenza vita. Il campione preso in esame in questo specifico esperimento è troppo ristretto per considerare tale studio come significativo, ma vi sono numerosi altri studi simili che avvalorano la stessa tesi.

Il legame tra calcio e obesità da loro proposto potrebbe essere spiegato dall’attività degli adipociti: l’aumento di calcitriolo (1,25-diidrossivitamina D), che si verifica in risposta a diete povere di calcio, agisce sugli adipociti stimolando il rilascio di Ca2+ , tramite uno specifico recettore di membrana della vitamina D (VDR). Il conseguente aumento intracellulare di Ca2+ esercita un effetto sul metabolismo dei lipidi da parte degli adipociti che si traduce in un aumento dell’espressione genica di quei fattori che portano alla lipogenesi e, di conseguenza, viene soppressa la lipolisi. In tal modo viene incrementato l’accumulo degli adipociti e quindi in generale dell’adiposità

Il calcitriolo agisce anche attraverso un recettore della vitamina D che sopprime l’espressione della proteina disaccopiante 2  (UCP2), limitando così il trasporto degli acidi grassi a livello mitocondriale e la loro ossidazione.

Al contrario, una dieta ricca di calcio sopprime i livelli di calcitriolo, con conseguente riduzione dell’espressione dei geni della lipogenesi e un aumento della lipolisi e dell’espressione di UCP2, riducendo in tal modo l’accumulo dei lipidi e quindi di adipe.

Per riepilogare: l’ipotesi suggerita dai ricercatori riguarda un possibile ruolo dei livelli di calcio intracellulare, e quindi dell’apporto di calcio con la dieta, che sembrerebbe modulare i processi di sintesi e di degradazione dei lipidi all’interno dell’adipocita. Una dieta ricca in calcio sarebbe in grado di promuovere la lipolisi, mentre una dieta povera in calcio stimolerebbe la lipogenesi, ovvero la sintesi e l’accumulo di grasso e lo sviluppo dell’obesità.

Il recettore della vitamina D (VDR) è un fattore di trascrizione. Tra le tante funzioni, VDR ha anche quella di regolazione dell’omeostasi del calcio: ne regola l’assorbimento e di conseguenza ne determina i livelli da assumere con la dieta. E’ quindi utile conoscere eventuali varianti genetiche legate al gene del VDR in modo tale che si possa facilmente intervenire personalizzando i livelli di calcio nella dieta, stabilendo quindi il numero e le porzioni di prodotti lattiero caseari più indicate per quella particolare variante polimorfica o ricorrendo a integratori di calcio.

Inoltre è utile associare l’indagine del gene VDR, legato al metabolismo del calcio e correlato anche allo sviluppo di osteoporosi, con l’analisi del geni GC e HDCR7, legati invece ai livelli sierici di vitamina D che è implicata a sua volta nel metabolismo del calcio stesso e nello sviluppo di molte patologie.

Un ulteriore studio ha evidenziato che una dieta ricca di calcio proveniente da prodotti caseari può influenzare l’espressione di ben 129 geni. Analisi quantitative RT-PCR hanno confermato la up regolazione dei geni Adrb3 e leptina nei soggetti che seguivano una dieta ricca di latticini. Inoltre in questi soggetti anche i pathway del metabolismo insulinico e delle adipocitochine sono stati influenzati dalla up regolazione genica così come il metabolismo degli acidi grassi. Ciò dimostra come una dieta di questo tipo modifichi significativamente l’espressione genetica e l’accumulo di tessuto adiposo, ed aiuta a spiegare come l’assunzione di prodotti caseari possa contrastare l’obesità.

È stato notato che i latticini esercitano effetti significativamente maggiori rispetto al calcio assunto tramite integratori, quindi, sarebbe preferibile effettuare sostituzioni isocaloriche in favore dei prodotti lattiero caseari, piuttosto che assumere integratori di calcio. Gli effetti significativamente maggiori legati all’assunzione di latticini sono probabilmente dovuti ai composti bioattivi aggiuntivi, come gli inibitori dell’enzima di conversione, che si trovano nel latte, nonché alle ricche concentrazioni di aminoacidi a catena ramificata, che possono agire in concerto con il calcio per ridurre l’adiposità.

In sostanza, nel caso specifico del latte, questo alimento è ricco in peptidi bioattivi, ovvero molecole con funzione biologiche, che potrebbero agire sull’accumulo di grasso anche attraverso meccanismi indipendenti, del tutto o in parte, dal calcio.

I dati di questo studio confermano le osservazioni precedenti secondo cui l’inclusione dei prodotti lattiero-caseari (in questo caso tre porzioni di yogurt) nella dieta quotidiana contribuisce in maniera marcata alla perdita di grasso (secondaria alla restrizione calorica moderata) e si traduce in un aumento selettivo della perdita di adiposità centrale ed al contrasto dell’obesità.

Recenti studi dimostrano un ruolo potenziale della produzione di cortisolo da parte del tessuto adiposo, nella generazione di obesità del tronco. Per confermare tali osservazioni ci si è chiesti se l’aumento di calcitriolo, che si verifica in risposta a diete a basso contenuto di calcio, possa regolare la produzione di cortisolo negli adipociti.

Il tessuto adiposo umano esprime l’ 11-beta-deidrogenasi-1 (11-beta-HSD-1) che determina la produzione di cortisolo attivo a partire dal cortisone. L’iperespressione selettiva di 11-beta-HSD-1 nel tessuto adiposo dei topi si traduce in un aumento dell’obesità del tronco e nella manifestazione delle caratteristiche tipiche della sindrome metabolica. Tali dati di laboratorio dimostrano che gli agonisti del calcio, tra cui il calcitriolo, esercitano una rapida e sostanziale (da 3 a 6 volte) stimolazione della produzione di cortisolo da parte degli adipociti umani. Ciò suggerisce che la perdita selettiva di adiposità osservata in presenza di un regime alimentare ad alto contenuto in calcio derivante da prodotti lattiero-caseari può essere attribuibile, in parte, ad una riduzione della produzione di cortisolo da parte degli adipociti viscerali. In realtà, questi rappresentano “solo” dati preliminari poiché derivano esclusivamente da studi in vitro. Tuttavia, essi forniscono un meccanismo plausibile per un fenomeno inspiegabile finora.

In conclusione, la sostituzione isocalorica in favore dello yogurt e di altri alimenti lattiero-caseari aumenta in modo significativo la perdita di grasso e riduce l’adiposità del tronco durante un regime alimentare ipocalorico.

Di recente, alcuni studi hanno poi richiamato l’attenzione su altri aspetti, sempre legati al sovrappeso e all’obesità, per i quali i prodotti lattiero caseari a basso contenuto di grassi risulterebbero particolarmente vantaggiosi: ad esempio il latte magro preso a colazione può avere un effetto saziante più marcato rispetto a quello di una pari quantità di bevanda di frutta, tanto da portare ad una riduzione dell’assunzione calorica al pasto successivo.

In sintesi, sebbene non si possa affermare che il latte ed i suoi derivati abbiano un ruolo antiobesità, si può però dire che questi alimenti, soprattutto quelli a basso contenuto di grassi come il latte e lo yogurt scremati, sono preziosi anche per chi necessita di ridurre le calorie e di assicurare comunque la presenza di tutte le sostanze nutritive di cui l’organismo ha bisogno.

Risulta evidente, quindi, per chi è intollerante al lattosio e in sovrappeso/obeso sia fondamentale assicurare nella propria dieta i livelli di assunzione giornalieri raccomandati di calcio derivante dai prodotti latto-caseari, avvalendosi dei sempre più comuni corrispettivi prodotti delattosati (dal latte ai formaggi spalmabili), preferendo formaggi stagionati (la stagionatura riduce il contenuto di lattosio). Anche in questo caso, per aumentare la motivazione e la compliance del paziente, è utile verificare l’effettiva presenza di un’intolleranza primaria al lattosio mediante un BreathTest o un test genetico che indaghi l’effettiva persistenza dell’enzima lattasi in età adulta nel gene LPH, entrambe pratiche molto diffuse anche in sanità pubblica.



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