CIBI CONFEZIONATI ULTRA-TRASFORMATI: QUANTO FANNO MALE ALLA NOSTRA SALUTE?

CIBI CONFEZIONATI ULTRA-TRASFORMATI: QUANTO FANNO MALE ALLA NOSTRA SALUTE?

Quanti di noi hanno nella propria dispensa almeno qualche cibo pronto? Gli scaffali dei supermercati ne sono pieni e la tentazione di farne uso è molto alta, per comodità, mancanza di tempo per cucinare, per il loro gusto molto appetibile e perché spesso sono economici. Ma l’utilizzo di questi cibi preparati con molti processi industriali è stato correlato ad un aumento significativo del rischio di sviluppare obesità, dislipidemia, tumori, ipertensione e malattie cardiovascolari.

Si stima che l’utilizzo di cibi pronti, detti ultra-trasformati, copra un fabbisogno giornaliero che va dal 25 al 50%. Si tratta di percentuali altissime. Snack, prodotti da forno, noodles, zuppe e pasti disidratati, piatti pronti surgelati, carne e pesce ricostituiti o trasformati con aggiunta di conservanti diversi dal sale, burger (anche quelli vegetariani), bevande frizzanti ed energizzanti sono solo alcuni dei cibi considerati ultra-trasformati.

In pratica tutti quei cibi prodotti della grande industria. Spesso hanno un contenuto più elevato di grassi totali e grassi saturi, zuccheri e sale; sono poveri di fibre, vitamine e micronutrienti. Oltre alla scarsa composizione nutrizionale contengono additivi alimentari, come conservanti, dolcificanti, aromi, coloranti che anche se autorizzati, sono controversi. Vanno incontro a molti processi di cottura non salutare, tra cui idrogenazione e idrolisi. Vengono lavorati e imballati in confezioni di plastica che possono contenere sostanze nocive, come bisfenolo A.

Già era noto che questi cibi non sono di certo fra i più salutari, ma i risultati di due gruppi di ricerca, uno francese e uno spagnolo, ne danno la prova. Sono frutto di ricerche decennali: dal 1999 sono stati raccolti dati sul consumo abituale di 3300 prodotti alimentari, sia cibi che bevande, di più di 200.000 persone.

I soggetti dovevano semplicemente registrare cosa mangiavano durante i loro pasti quotidiani, colazione, pranzo e cena e di annotare eventuali spuntini. Il tutto corredato da foto grazie alle quali i ricercatori sono stati in grado di stimare le proporzioni di cibo assunte. I cibi sono stati catalogati in 4 classi: “alimenti non trasformati o minimamente trasformati”, di cui fanno parte alimenti freschi e secchi come frutta, verdura, legumi, riso, pasta, uova, carne e pesce freschi, latte; “ingredienti trasformati” come sale, oli vegetali, burro, zucchero e altre sostanze estratte dagli alimenti e utilizzati in cucina per trasformare alimenti non trasformati o minimamente trasformati; “alimenti trasformati” come verdure in scatola con aggiunta di sale, frutta secca ricoperta di zucchero, prodotti a base di carne conservati solo mediante salatura, formaggi, pane appena sfornato e infine “alimenti ultra trasformati”.

Questi due grandi studi indicano una correlazione tra il consumo di alimenti ultra-trasformati industriali e lo sviluppo di alcune patologie. Un aumento del loro utilizzo del 10% è associato ad un incremento maggiore del 10% dei casi di cancro, malattie cardiovascolari e coronariche e un aumento del 14% di mortalità.  Emerge inoltre che i cibi non trasformati o con una trasformazione minima sono correlati ad un minore rischio per la salute, con un effetto protettivo dallo sviluppo di queste patologie. 

Saranno necessari ulteriori approfondimenti e studi prospettici per confermare questi risultati, dato che per ora si tratta solo di correlazioni empiriche e non di relazioni causa-effetto. Sarà importante capire l’impatto relativo che hanno, la composizione nutrizionale, l’aggiunta di additivi alimentari, l’utilizzo dei materiali per la conservazione che entrano in contatto con questi cibi.

In più, dato che sono quasi privi delle sostanze nutritive essenziali, hanno un forte impatto nel bilancio energetico del nostro corpo. È possibile che le caratteristiche chimico-fisiche degli elementi ultra-trasformati siano nocive per la salute non solo perché aumentano la probabilità di ammalarsi ma anche perché cambiano la composizione del microbioma intestinale.

Alla luce di tutto ciò l’utilizzo di questi alimenti trasformati nella dieta dovrebbe essere limitato e dovrebbe essere invece promosso il consumo di alimenti più sani, freschi e cucinati con metodi che mantengano il più possibile inalterate le loro proprietà nutrizionali.



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